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La Storia di Sebastian


Ci sono storie che iniziano per caso, senza pretese e grandi illusioni. La mia storia inizia nel 1991 con una di quelle conversazioni così naturali che due buoni amici sanno involontariamente portare avanti, senza rendersi conto di far radicare, in un terreno fertile, idee per un futuro inaspettato. Un amico di Ferrara e cliente del nostro “Donald Duck”, locale aperto nel 1986 a Villamarzana, cercava qualcuno abbastanza creativo in grado di realizzare un nuovo progetto. Dopo aver preso contatti con l’avvocato B. gestore della Società Navarcus, e cugino dell’allora sindaco, mi son ritrovato a bordo della mia sgangheratissima 500 nei pressi di Porto Marghera per ispezionare e cercare qualcosa di interessante.

Durante il mio girovagare, non avrei mai immaginato di imbattermi in un enorme e nero rottame di mare: una barca che presto sarebbe stata demolita in quanto posta sotto sequestro dalle forze dell’ordine perché trasportava materiale di contrabbando. Davanti a me un motopeschereccio tedesco d’alto mare di nome “Korina” e datata 1951, stesso anno della mia nascita. Riuscii a mettermi subito in contatto col sig. P. che seguiva la faccenda e concordati vendita e trasporto abbiamo iniziato a trainarla con l’ausilio di altre imbarcazioni. Il trasporto non fu uno dei più semplici e raggiunto Porto Garibaldi fui assalito dal panico: l’imbarcazione non passava sotto i ponti. Il gruppo, che l’aveva portata fin lì, mi abbandonò avvisandomi che sarebbe tornato indietro proponendomi la scelta di un’altra barca più piccola, ma io desideravo ardentemente la “Korina”, così presi in mano la situazione e contattai il cantiere navale polesano che riuscì a portarla a Porto Viro approfittando delle strutture per carenare la chiglia.

Altri problemi si verificarono dopo averla rimorchiata lungo il Pò di Volano, dove ci bloccammo nuovamente a Pontelagoscuro. Avendola privata della cabina, degli alberi e dei motori, si era alleggerita, alzata, quindi non saremmo mai passati sotto i ponti… un macello… Dovetti contattare un’azienda dei dintorni che mi vendette 2.500 kg di stabilizzato ed un’altra che mi fornì 10 cisterne contenenti 1.000 litri d’acqua ciascuna per creare il peso ideale e riabbassare la barca… finalmente riuscimmo nell’impresa! Arrivammo in Darsena passando sotto il ponte della ferrovia, e quella che oggi è l’attuale Darsena City.

Nel frattempo la gestione del “Donald Duck” andava avanti e ricordo che uno di quei giorni mia moglie, vedendomi tornare a casa stanco e con un paio di jeans distrutti mi disse che “non potevo girare sempre come un vagabondo” e mi pose davanti dei soldi quasi pregandomi di andare a comprare un completo. Li presi, uscii e dopo un’ora rientrai a casa, incrociai lo sguardo di mia moglie e sorridendo le dissi che li avevo persi… avevo acquistato una saldatrice.

Nonostante il freddo inverno, incominciai a saldare l’imbarcazione giorno e notte con un paio di collaboratori. La nave era al tempo in parallelo alla banchina per facilitare i lavori, poi predisposte utenze, allacciamenti e vendendoci i posti barca, ce la fecero mettere nella posizione attuale sostenendo che sarebbe stata un valore aggiunto per il porto. Durante la lavorazione degli interni incontrai un ragazzo slavo che bazzicava per il porto, contrattai con lui uno scambio: un paio di scarponi da palombaro per un paio di scarpe nuove. Fu terminato così il tavolo 20 della prua. “Korina” era pronta per entrare in scena e farsi conoscere al pubblico, fu inaugurata nel Dicembre del 1992 e per tutti divenne il SEBASTIAN PUB.

Ricordo di figlio: “Ricordo mio padre con le mani distrutte dal freddo e dalla saldatrice che rientrava la notte… Non posso dimenticare il giorno dell’inaugurazione: c’era mia madre indaffarata con altre ragazze a legare le corde della rete che si trova a poppa dove c’è il tavolo 5 e mio padre era all’interno della cella dell’impianto birra che cercava di riparare un piccolo guasto, quando all’improvviso gli sfuggì il cacciavite dalla mano ferendosi. Mio zio Bruno lo accompagnò al pronto soccorso. Io e lo staff indossavamo una divisa da marinaio coi gradi sulle spalle e quando mio padre tornò, decidemmo di dividerci su due file sotto la gradinata dell’ingresso, accogliendolo con un lungo applauso che riuscì a commuovere tutti”.

Ricordo di figlia: “Sono la piccola di famiglia e purtroppo molti ricordi sono andati persi, ma ho impressa nella mia mente l’immagine indelebile di quella mattina: l’arrivo in Darsena della “Korina”. Pioveva. Io e papà eravamo sulla banchina in trepidante attesa. L’avevamo seguita per tutti i ponti anche quello della ferrovia, il più basso, e quando la vedemmo entrare in porto dal ponte di Via Foro Boario, guardai mio padre. Lo vidi, per la prima volta, con le lacrime agli occhi… ce l’aveva fatta! Oltrepassata la banchina si arenò, perché il fondale in quel punto era basso ed era piena di peso per farla passare sotto i ponti ma ormai il peggio era stato superato. Quando rileggo la storia del Sebastian Pub mi commuovo facilmente anch’io. Non c’è solo la magia di un racconto, ma riesco a sentire il respiro, un sentito ricordo di famiglia che diventa parte integrante della mia vita. Quello è stato anche l’anno in cui conobbi il mio primo fidanzato che lavorava proprio alla ristrutturazione della nave. Fu l’anno dei sacrifici, ma soprattutto dell’inizio di ciò che avrei fatto da grande…”

Questa è l’unica storia del Sebastian Pub e della nostra famiglia.